lunedì 19 maggio 2014

Erri De Luca: scrittore, traduttore e poeta nato a Napoli





" Erri è semplificazione di Harry, nome di suo zio, figlio di una donna americana venuta in Italia al principio del 1900. A diciotto anni, nel 1968, lascia studi, famiglia, città e si trasferisce a Roma dove entra nel movimento politico Lotta Continua, una delle maggiori formazioni della sinistra rivoluzionaria, militando a tempo pieno fino al suo scioglimento nel ’76.  In seguito fa mestieri  da operaio a Torino, Napoli, in Francia, a Milano, a Catania e infine di nuovo a Roma.  Nel 1983/84 lavora in Africa, in un villaggio della Tanzania, come volontario. Durante la guerra nei territori della ex-Jugoslavia è autista di convogli umanitari destinati ai profughi di tutte le parti in guerra. Nella primavera del ’99 durante i bombardamenti NATO sulla Serbia è a Belgrado per stare dalla parte del bersaglio. Considera il bombardamento aereo di una città l’ atto di terrorismo per eccellenza. In mezzo ai trent’anni inizia a scalare e da allora pratica con regolarità, specialmente nelle Dolomiti. Come autodidatta  impara diverse lingue per  leggere testi in originale. Dall’Ebraico antico traduce alcuni libri della scrittura sacra. Lo scopo di queste traduzioni, che lui  chiama di servizio, è di fornire   la più letterale versione possibile, tentando la più accanita  fedeltà. Dall’ Yiddish traduce vari autori. Abita in una casa tra i campi, costruita insieme a due operai. Pianta alberi. Ha ricevuto vari premi letterari all’ estero, non in Italia dove evita di candidare i suoi libri ai concorsi. Non iscritto a un partito, partecipa ugualmente alla vita politica. La sua attenzione è per gli immigrati in Italia, contro le loro reclusioni subìte per scarsa documentazione e non per reati commessi. E’ favorevole al diritto di cittadinanza per chi nasce in Italia.

Tratto da Fondazione Erri De Luca







“Botta di salvezza”

Ho bisogno d’inventare una rima

tra quello che sta succedendo

e qualcosa di altro.

Ho bisogno di accoppiare un vicolo cieco

in cui mi sono cacciato

a qualche sconfinata prateria.

Mi fa da ormeggio per non naufragare.

Sono predisposto al soccorso della poesia,

che non è un’arte di arrangiare fiori,

ma urgenza di afferrarsi a un bordo nella tempesta.

Per me è pronto soccorso, la poesia,

non una sviolinata al chiaro di luna.

È botta di salvezza.


Il chiasso di tre cose va per il mondo”

Il chiasso di tre cose

va per il mondo sopra oceani,nevi,

terre di siccita’ e risaie:

e nessuna membrana dell’udito

lo cattura, il chiasso di tre cose.

Il chiasso del sole che va per il cielo,

il chiasso della pioggia

quando il vento la stacca dalle nuvole

e il chiasso dell’anima

da un corpo che la sputa.


“Io te vurria vasa’..”

” Io te vurria vasa’ “, sospira la canzone
ma prima e più di questo io ti vorrei bastare,
io te vurria abbasta’,
come la gola al canto come il coltello al pane
come la fede al santo io ti vorrei bastare.
E nessun altro abbraccio potessi tu cercare
in nessun altro odore addormentare,
io ti vorrei bastare,
io te vurria abbasta’.
” Io te vurria vasa’ “, insiste la canzone
ma un pò meno di questo io ti vorrei mancare
io te vurria manca’,
più del fiato in salita
più di neve a Natale
di benda su ferita
più di farina e sale.
E nessun altro abbraccio potessi tu cercare
in nessun altro odore addormentare,
io ti vorrei mancare,
io te vurria manca’.






 

 

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