giovedì 30 maggio 2013

Alfonsina Storni



Nasce nel 1892 nella Svizzera Ticinese, migra a quattro anni in Argentina assieme ai genitori. Di modestissime condizioni economiche, Alfonsina Storni scrive poesie sin dall'infanzia. Ottiene il diploma di maestra rurale ed insegna per un solo anno prima di trasferirsi a Buenos Aires, dove nel 1912 a soli vent'anni, mette al mondo un bambino, Alejandro, senza essere sposata. Per sopravvivere fa diversi lavori finché non entra nel mondo giornalistico-letterario ed in quello scolastico assistenziale. La Nacion di Buenos Aires pubblicò molti suoi articoli, sotto lo pseudonimo "Tao-Lao." Nel 1920 ottiene il Premio Municipale di Poesia e subito dopo il Premio Nazionale di Letteratura. Nel 1921 si crea per lei una cattedra al Teatro Infantil Labardén, Nel 1923 assume l'incarico di professoressa di letteratura presso la Escuela Normal de Lenguas Vivas, ma man mano che la sua fama cresce, affiora in Alfonsina un forte comportamento nevrotico. Negli anni Trenta compie due viaggi in Europa alla ricerca di pace e di un nuovo equilibrio mentale, ma al ritorno a casa scopre di avere un tumore al seno. Nel 1935 viene operata ma tre anni più tardi la malattia si ripresenta. Aveva vissuto gli ultimi anni dalla sua vita terrorizzata dalla morte. Nell'ottobre del 1938 Alfonsina prende un treno e si nasconde in un piccolo hotel sul Mar de la Plata dove scrive "Voy a Dormir", il 22 invia la poesia a La Nacion e, quindi, si uccide annegandosi in mare, compiendo con questi due gesti la sua ultima ribellione.
Affabile, energica, sensibile e di potente talento, il suo suicidio nel mare traccia intorno alla sua personalità una leggenda.
 
 
All'orecchio
Se vuoi baciarmi... bacia,
- io condivido i tuoi desideri -
Però non fare prigioniera la mia bocca,
Baciami adagio negli occhi
Non mi parlare di incantesimi
Dei tuoi baci sul collo...
Ora sono gelosi i miei ricci
Accarezzami i capelli
Per te medesimo opportuno,
Se i tuoi occhi sono parole,
Mi daranno, uno ad uno,
I pensieri che elabori.
Poggia la tua mano tra le mie
Tremeranno come un canarino
E ascolteremo le sinfonie
Di qualche amore millenario.
Questa è una notte morta
Sotto il tetto astrale.
L'orto è muto
Come un sogno letale.
Ha una sfumatura di alabastro.
Ed un mistero di pagoda.
Guarda la luce di quell'astro!
Ce l'ho nell'anima tutta!
Silenzio... silenzio... Taci!
Perfino l'acqua scorre a stento,
Sotto il suo verde schermo
Si acquieta misurata la sabbia
Ohi! Che profumo così fino!
Non baciare le mie labbra rosse!
Nella notte di platino
Baciami adagio negli occhi...
 
Vita
I miei nervi stanno impazzendo, nelle vene.
Il sangue ribolle, liquido di fuoco
Salta dalle mie labbra ove finge poi
L'allegria di tutte le sagre.
Ho il desiderio di ridere, le afflizioni,
Che da domare a volontà non dichiaro.
Oggi con me non giocano ed io gioco
.Con la tristezza blu di cui esse sono piene.
Il mondo palpita; la sua armonia tutta
La sento così vibrante che la faccio mia
Quanto mescere nel suo verso d’incantatrice.
Sarà perchè ho aperto la finestra un momento fa
E nelle finissime ali del vento
mi ha portato il suo sole la Primavera!
 
Vado a dormire
Denti di fiori, cuffia di rugiada,
mani di erba, tu, dolce balia,
tienimi pronte le lenzuola terrose
e la coperta di muschio cardato.

Vado a dormire, mia nutrice, mettimi giù.
Mettimi una luce al capo del letto
una costellazione; quella che ti piace;
tutte van bene; abbassala un pochino.

Lasciami sola: ascolta erompere i germogli...
un piede celeste ti culla dall'alto
e un passero ti traccia un percorso

perché dimentichi... Grazie. Ah, un incarico
se lui chiama di nuovo per telefono
digli che non insista, che sono uscita...
 

Incontri


Il 31 Maggio alle ore 17 presso la B.C.T.
   Jerry Guacci e Marcello Coronelli
  leggeranno due poeti del novecento:
     Vittorio Pagano e Erich Fried 
*** 
 
"La poesia si avvicina alle verità essenziali più della storia."
(Platone
)

domenica 19 maggio 2013

Tamara de Lempicka



«La pittura di Tamara de Lempicka», ha scritto il critico di "Comoedia" recensendo la sua personale del 1930, «ha un carattere molto particolare. È, se vogliamo, un Greuze 1930. Una pittura molto spinta, in cui il minimo dettaglio è curato, in cui tutto è accarezzato amorevolmente da un pennello meticoloso e allo stesso tempo una concezione piuttosto ardita della deformazione decorativa, il gusto delle linee pure delle forme semplici, un disegno preciso, netto, su una pittura liscia, un modellato estremamente abile. Pittura che ricorda sempre un po' quella delle "vite classiche" che si possono vedere al Salon, ma infinitamente più ricca di seduzione e di originalità. La sua arte non è fredda, malgrado la precisione; appare invece di una sensibilità molto viva. Non è una pittura "realista", diremmo piuttosto che si tratta di una pittura "surrealista", se questa parola non fosse già stata impiegata in un senso diverso. Le figure e i ritratti di Madame de Lempicka sono vivi fino a divenire allucinanti, tanto perfetto è il trompe-l'oeil. I suoi personaggi escono dai quadri. Le sue figure a grandezza naturale sono più che dei ritratti, sono l'immagine stessa del modello riflessa in uno specchio. Un riflesso, però, sottomesso alla volontà del pittore».

Autoritratto
Collezione privata
Il quadro nacque dall'incontro casuale tra l'artista e la direttrice della rivista tedesca di moda "Die Dame": questa, dopo aver visto la Lempicka alla guida della sua Renault gialla, le chiese di dipingere un autoritratto in automobile per la copertina della rivista. Al di là dell'attendibilità del racconto, che la pittrice data al 1927-1928, questo e i molti altri episodi narrati nella sua biografia forniscono utili informazioni per comprendere il personaggio Lempicka, il suo ruolo, le sue scelte, la sua totale adesione a un certo modello di vita caratteristico degli anni Venti-Trenta.

Ragazza in verde
Parigi, Musée National d'Art Moderne, Centre Georges Pompidou

Adamo ed Eva
Collezione privata

Irene e sua sorella
New York, Irena Hochman Fine Art Ltd.
La modella
Collezione privata

Ritratto della duchessa de la Salle
Collezione privata

Kizette al balcone
Parigi, Musée National d'Art Moderne, Centre Georges Pompidou



martedì 14 maggio 2013


 

 Abbiamo aderito a
    La banca del Tempo


Lo scorso anno abbiamo fatta una breve esperienza nei centri geriatrici, proponendo delle letture alle persone interessate all’ascolto. Da quegli incontri abbiamo rafforzato alcune convinzioni che ci avevano spinto in quella direzione: poche pagine di un libro possono indurre un sorriso, un ricordo, un tepore che non sempre le immagini “a pioggia”, sanno evocare. Da qui la nostra scelta di iscriverci mettendo nella colonna dare questa nostra passione, per l’avere ci stiamo pensando.
                                        Cosa sono le banche del Tempo
Associazioni di persone che mettono gratuitamente a disposizione le proprie competenze in un'ottica di scambio e cooperazione. Per ogni ora prestata si matura un 'credito' presso la Banca, che potrà essere riscosso avvalendosi di prestazioni, di differente natura, da parte di un altro socio. Un'occasione per riscoprire il valore del proprio tempo e per risparmiare, facendo fronte a esigenze sia pratiche che di arricchimento culturale.In una Banca del Tempo non si depositano e prelevano soldi, ma tempo da scambiare. Si mettono a disposizione le proprie competenze e si ricevono servizi sia materiali che immateriali. Un pensionato che offre la sua esperienza artigiana, ad esempio, può ricevere in cambio l'assistenza di un giovane informatico; una casalinga pronta a svelare i segreti delle proprie ricette può ottenere in cambio traduzioni da una lingua straniera o quant'altro possa esserle utile. Il tutto rigorosamente gratis. Le attività che vengono scambiate gratuitamente sono dei più diversi tipi. Si va dai servizi per la persona o per la casa, come lavori di piccola manutenzione, baby sitting, dog sitting, fare la spesa, ecc., allo scambio di saperi: ripetizioni per i figli, assistenza su questioni burocratiche e fiscali e tante occasioni di arricchimento interculturale.
                                                      Come operano
In una Banca del Tempo non si scambiano merci né si valuta il valore di mercato di una prestazione, bensì il tempo impiegato: ogni ora prestata conta sempre e soltanto un'ora, qualunque sia la tipologia di servizio offerto. Non esiste una gerarchia delle competenze e tutti i saperi hanno lo stesso valore: la durata dello scambio. Un po' come in una banca tradizionale, gli iscritti a una Banca del Tempo hanno a disposizione un libretto di assegni con cui 'pagano' i servizi ricevuti, e un proprio conto corrente nel quale depositano gli assegni 'incassati' per le proprie prestazioni. La valuta dell'assegno è l'ora di 60 minuti, e ogni assegno ha un importo pari alle ore concordate per ciascuna attività
Se hai una necessità, la Banca contatta chi può soddisfarla, scalando poi dal tuo credito le relative ore. Puoi anche andare “in rosso”, ma esiste l'obbligo di saldare e di rispettare il vincolo del pareggio di bilancio. 
                                                     Chi vi partecipa
Se agli albori erano quasi esclusivamente donne a partecipare agli scambi paritari di tempo, secondo i dati raccolti nel libro “Banca del Tempo”, edito da Altreconomia, oggi quasi il 20% degli iscritti sono uomini. Come età, vi è una netta prevalenza di pensionati over 60 con esperienza e tempo libero a disposizione, ma una persona su cinque ha meno di 40 anni: la difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro o a conciliarlo con le proprie esigenze porta a riscoprire il valore del mutuo aiuto.
Attraverso la Banca del Tempo, chiunque può valorizzare le competenze che possiede e che spesso rimangono inespresse. Scambio dopo scambio, si costruiscono reti di relazioni favorendo il recupero di un senso di comunità e di una coesione sociale sempre più fragili nei tempi odierni. E si risparmia denaro, riuscendo anche a reperire saperi e competenze che, talvolta, sono 'fuori mercato'


Per informazioni visita il blog

bancadeltempoterni.blogspot.com

lunedì 13 maggio 2013

Chocano, José Santos


Poeta peruviano (Lima 1875-Santiago del Cile 1934). Dopo Rubén Darío è da considerarsi il maggior rappresentante del modernismo ispano-americano. Chocano ebbe una vita tumultuosa e impegnata. Conobbe la prigione e l'esilio. Fu diplomatico in vari Paesi dell'America Latina e in Spagna; in Messico fu a fianco di Pancho Villa come segretario e in Guatemala collaborò col dittatore Estrada Cabrera alla caduta del quale scampò alla fucilazione. Tornato in Perú nel 1922, tre anni dopo uccise un suo avversario, lo scrittore Edwin Edmore. Si rifugiò quindi a Santiago dove fu assassinato su un tram.
***
BLASONE


Sono il cantore d'America autoctono e selvaggio:
la mia lira ha un'anima, il mio canto un ideale.
Il mio verso non si culla appeso ai rami
con lenta oscillazione di amaca tropicale...
Quando mi sento inca, rendo omaggio
al Sole, che mi dà lo scettro del suo potere reale;
quando mi sento ispano ed evoco il colonialismo
somigliano le mie strofe a trombe di cristallo.
La mia fantasia proviene da ascendenza mora:
le Ande sono d'argento, ma il leone, d'oro,
e le due caste fondo con epico fragore.
Il sangue è spagnolo e incaico è il battito;
e se non fossi Poeta, forse io sarei stato
un bianco avventuriero o un indio imperatore.

(dalla raccolta Alma América, 1906, traduzione di Sara Piazza)

domenica 12 maggio 2013

Juddu Krishnamurti




                          
L’Ordine della  Stella d’Oriente fu fondato nel 1911 per proclamare la venuta del Maestro del Mondo e Krishnamurti fu nominato Capo dell’Ordine. Il 3 agosto 1929, a Ommen, in Olanda, all’apertura dell’Assemblea Annuale dell’Ordine, di fronte a 3000 seguaci, Krishnamurti sciolse l’Ordine della Stella con il discorso che segue.

“Questa mattina parleremo della dissoluzione dell’Ordine della Stella. Molti ne saranno felici e altri ne saranno rattristati. Ma non si tratta di gioirne nè di rattristarsene, perché è inevitabile, come vi spiegherò. Forse ricorderete la storiella del demonio che passeggia per la via con un amico; a un certo punto, davanti a loro, un uomo si china a raccogliere qualcosa per terra, lo guarda e se lo mette in tasca. L’amico chiede al demonio: “Che cosa può aver raccolto quell’uomo?” “Ha trovato un pezzo di verità”, risponde il demonio. “Ah, è un brutto affare per te, allora!” osserva l’amico. “Oh, niente affatto – replica il demonio – adesso farò in modo che la organizzi.”
Io sostengo che la verità è una terra senza sentieri e non la si può avvicinare da nessun tipo di percorso, religione o setta.
Questo è il mio punto di vista, al quale aderisco in modo assoluto e incondizionato. Essendo la verità illimitata, incondizionata, non raggiungibile da nessun tipo di strada, non può essere organizzata né si dovrebbe formare nessuna organizzazione per guidare o forzare le persone a percorrere vie particolari.
Se innanzitutto comprendete questo, allora vedrete quanto sia impossibile organizzare un credo. La fede è una questione puramente individuale e voi non potete e non dovete organizzarla; se lo fate, diventa una cosa morta, cristallizzata, diventa un credo, una setta, una religione da imporre agli altri. E’ questo che tutti cercano di fare nel mondo.
La verità viene ridotta a qualcosa di ristretto, a una specie di trastullo per coloro che sono deboli, che si sentono momentaneamente insoddisfatti. La verità non può essere “portata giù” è piuttosto l’individuo che deve fare lo sforzo di innalzarsi fino ad essa. Non potete portare a valle la cima del monte, se volete conquistare quella cima dovete attraversare la valle e arrampicarvi su per la salita, senza temere i pericolosi precipizi.
Questo è il motivo principale, dal mio punto di vista, per il quale l’Ordine della Stella deve essere dissolto.
Ciononostante, voi probabilmente formerete altri ordini, continuerete ad appartenere a qualche organizzazione alla ricerca della verità.
Io non voglio appartenere a nessuna organizzazione di tipo spirituale, vi prego di comprenderlo. Potrei usufruire di un’organizzazione per andare a Londra, per esempio, ma questo è tutto un altro genere di organizzazione, puramente meccanico, come le poste o il telegrafo. Posso fare uso di una macchina o di una nave per viaggiare, si tratta soltanto di meccanismi fisici, che non hanno nulla a che fare con la spiritualità.
Sostengo, di nuovo, che nessuna organizzazione potrà mai guidare l’uomo alla spiritualità. Se si crea un’organizzazione a questo scopo, questa diventa una specie di stampella, un punto di debolezza, una schiavitù che paralizza l’individuo, che gli impedisce di crescere, di stabilire la sua unicità, che risiede nella scoperta per conto suo della verità assoluta, incondizionata. E questo è un altro motivo che mi ha fatto decidere di dissolvere l’Ordine della Stella di cui mi sono trovato ad essere il capo, nessuno mi ha spinto a prendere questa decisione. E non si tratta di un gesto grandioso, perché io non voglio seguaci, e lo dico sul serio. Nel momento in cui seguite qualcuno, cessate di seguire la verità.
A me non importa se siete attenti a quello che dico oppure no. Io voglio fare una certa cosa nel mondo e intendo farla con molta fermezza e concentrazione. C’è una sola cosa che mi preme: rendere l’uomo libero. Desidero che sia libero da tutte le gabbie e le paure, e che non fondi nuove religioni, nuove sette, e che neppure enunci nuove teorie o filosofie. E allora naturalmente mi chiederete perché vado continuamente in giro per il mondo a parlare. Ve lo dico subito: non certo perché desideri dei seguaci o voglia formare un gruppo di discepoli speciali. (Si sa quanto gli uomini amino essere diversi dai loro simili, per quanto la loro distinzione possa essere assurda e superficiale! Io non voglio incoraggiare questa assurdità.) Io non ho discepoli né apostoli, né sulla terra né nel regno della spiritualità. Non è la lusinga del denaro né il desiderio di una vita comoda ad attirarmi. Se fossi attratto da una vita comoda non sarei venuto a questo raduno, né vivrei in un paese così umido!
Vi sto parlando con franchezza perché voglio che le cose siano chiare una volta per tutte. Non voglio che si ripetano queste discussioni anno dopo anno.
Un giornalista che mi ha intervistato, ritiene che dissolvere un’organizzazione formata da migliaia e migliaia di membri sia un gesto eccezionale, e mi ha detto: “Che cosa farà dopo? Non avrà seguaci, la gente non l’ascolterà più.” Ma io dico che se ci fossero anche solo cinque persone che ascolteranno, che vivranno, che rivolgeranno il volto verso l’eternità, sarà sufficiente. A che serve avere intorno migliaia di persone che non comprendono, imbalsamate nei pregiudizi, che non vogliono sentire il nuovo ma che piuttosto traducono il nuovo per il proprio sterile stagnante sé?
Vi prego di non fraintendermi, se vi sto parlando in maniera dura non è per mancanza di compassione. Se andate da un chirurgo per un’operazione, non è forse bene che vi operi anche se può causarvi del dolore? E, allo stesso modo, se vi sto parlando in modo diretto, non è per mancanza di vero affetto, anzi, è il contrario!
Come vi dicevo, il mio scopo è soltanto uno: rendere l’uomo libero, sollecitarlo verso la libertà, aiutarlo a interrompere i suoi limiti, perché soltanto questo potrà dargli eterna felicità e un’incondizionata realizzazione del sè.
Poiché io sono libero, incondizionato, completo – non una parte, non il relativo, ma la completa verità che è eterna – desidero che coloro che cercano di comprendermi siano liberi; senza seguirmi, senza fare di me una gabbia che diventerà una religione, una setta. Costoro dovrebbero essere liberi da tutte le paure – dalla paura della religione, della salvezza, della spiritualità, dalla paura dell’amore, della morte e della vita stessa. Così come un artista dipinge un quadro per la gioia di farlo, esprimendo se stesso, la sua gloria, il suo benessere, io faccio questo senza volere nulla da nessuno.
Voi siete abituati all’autorità, a un’atmosfera autoritaria, che pensate vi possa condurre alla spiritualità. Voi pensate e sperate che qualcuno, dotato di straordinari poteri, possa operare il miracolo di trasportarvi nel regno di libertà eterna che è felicità. Tutto il vostro modo di vedere la vita è fondato su quell’autorità.
Mi avete ascoltato per tre anni ormai, senza che siano avvenuti cambiamenti, eccetto che in poche persone. Ora, analizzate quello che dico, siate critici, in modo da comprendere interamente, fondamentalmente.
Quando cercate un’autorità che vi conduca alla spiritualità, siete automaticamente costretti a costruirvi intorno un’organizzazione. E creando quell’organizzazione, che pensate vi possa aiutare spiritualmente, vi rinchiudete in una gabbia.
Se vi sto parlando con franchezza, vi prego di ricordare che non lo faccio per durezza o per cattiveria, e nemmeno sull’onda dell’entusiasmo del mio scopo, ma perché voglio che comprendiate quello che dico. Questo è il motivo per cui siete qui, e sarebbe uno spreco di tempo se non vi spiegassi in modo chiaro e deciso il mio punto di vista.
Per diciotto anni vi siete preparati all’evento della venuta del Maestro del Mondo. Per diciotto anni vi siete organizzati, avete cercato qualcuno che portasse nuova gioia ai vostri cuori e alle vostre menti, che trasformasse la vostra vita, portandovi una nuova comprensione; qualcuno che vi elevasse a un nuovo livello di vita, che vi incoraggiasse, che vi liberasse – e ora, guardate che cosa sta succedendo!
Pensateci, ragionate, e scoprite se e in che modo quel credo vi abbia resi diversi – non parlo della superficiale differenza di portare un distintivo, che è una cosa banale, assurda. In che modo quel credo ha spazzato via tutto ciò che non è essenziale per la vita? E’ questo il solo metro di giudizio: in che modo siete più liberi, più grandi, più pericolosi per qualsiasi società basata su cose false e non essenziali? In che modo i membri di questa Organizzazione della Stella sono diversi?
Come dicevo, vi siete preparati per diciotto anni a ricevermi. Non mi importa se credete che io sia il Maestro del Mondo o no, questo ha pochissima importanza. Appartenendo all’organizzazione dell’Ordine della Stella, avete dato la vostra solidarietà e la vostra energia al riconoscimento di Krishnamurti come il Maestro del Mondo – in modo parziale o totale: totalmente per coloro che seriamente cercano e solo parzialmente per quelli che si sentono soddisfatti con le loro mezze verità.
Vi siete preparati per diciotto anni e guardate quante difficoltà interferiscono nella vostra comprensione, quante complicazioni, quante banalità. I vostri pregiudizi, le vostre paure, le vostre autorità, le vostre chiese nuove e vecchie; io dico che tutto questo è un ostacolo alla comprensione. Non riesco a esprimerlo più chiaramente di così. Non voglio che siate d’accordo con me, non voglio che mi seguiate, voglio che comprendiate quello che dico. Questa comprensione è necessaria, perché i vostri credi non vi hanno trasformato, vi hanno soltanto creato complicazioni, perché non siete disposti ad affrontare le cose così come sono.
Voi volete soltanto i vostri dei – nuovi dei al posto di quelli vecchi, nuove religioni invece delle vecchie, nuove forme al posto delle vecchie, tutte cose ugualmente inutili, tutte barriere, limitazioni, stampelle. Al posto delle vecchie distinzioni spirituali e dei vecchi oggetti di venerazione ne avete di nuovi.
Per la vostra spiritualità dipendete tutti da qualcun altro, e così per la vostra felicità, per la vostra illuminazione. E, nonostante vi siate preparati a ricevermi per diciotto anni, quando dico che tutte queste cose non servono, quando dico che le dovete lasciare da parte e guardare dentro di voi per l’illuminazione, per la gloria, per la purificazione, per l’incorruttibilità del sé, nessuno di voi è disposto a farlo. Ce ne possono essere alcuni, ma veramente pochissimi.
E allora, perché avere un’organizzazione? Perché avere attorno gente falsa e ipocrita che mi segue come personificazione della verità? Non sto dicendo cose dure o scortesi, ma siamo arrivati a un punto in cui bisogna affrontare le cose come sono.
L’anno scorso vi dissi che non avrei accettato compromessi e pochissimi mi ascoltarono. Quest’anno lo sto dicendo in modo assolutamente chiaro. Non so quante migliaia di persone dell’Ordine, in tutto il mondo, si siano preparate a ricevermi per diciotto anni, eppure non sono disposte ad ascoltare incondizionatamente, completamente, quello che dico.
Come ho detto prima, il mio scopo è di rendere l’uomo incondizionatamente libero, perché sostengo che l’unica spiritualità è l’incorruttibilità del sè che è eterno, è l’armonia fra la ragione e l’amore. Questa è l’assoluta, incondizionata verità, che è la vita stessa.
Perciò voglio che l’uomo sia libero, esultante, come gli uccelli nel cielo limpido, leggeri, indipendenti, estatici nella libertà.
E a voi, che vi siete preparati per me per diciotto anni, ora io dico che dovete essere liberi da tutte queste cose, dalle vostre complicazioni, dai vostri legami.
Per questo non avete bisogno di avere un’organizzazione basata su credi spirituali.
Perché avere un’organizzazione per cinque o dieci persone nel mondo che comprendono, che lottano, che hanno messo da parte tutto ciò che è superficiale?
E per quelli che sono deboli, non ci può essere nessuna organizzazione che li aiuti a trovare la verità, perché la verità è in ciascuno di noi; non è lontana, non è vicina, è eternamente qui.
Le organizzazioni non possono rendervi liberi, nessuno dall’esterno può rendervi liberi; non lo potrà fare un culto organizzato nè l’immolarsi per una causa; non vi libererete creando voi stessi un’organizzazione, e nemmeno tuffandovi in opere varie. Per scrivere le vostre lettere usate una macchina, ma poi non la mettete su un altare per venerarla; eppure è questo che fate quando le organizzazioni diventano il vostro interesse principale.
“Quanti membri conta la sua organizzazione?” Questa è la prima domanda che mi fanno i giornalisti. “Quanti seguaci avete? Da questi numeri potremo giudicare se quello che dice è vero o falso”. Io non so quanti siano e non mi interessa. Come dicevo, se anche una sola persona si fosse liberata, basterebbe.
Ripeto, voi pensate che solo certe persone abbiano la chiave del regno della felicità. Nessuno ce l’ha, nessuno ha l’autorità di tenere quella chiave. Quella chiave siete voi stessi e soltanto nell’evoluzione, nella purificazione e nell’incorruttibilità di quel sé, c’è il regno dell’eternità.
Alora vedrete l’assurdità della struttura che avete costruito, alla ricerca di un eterno aiuto, dipendendo da altri per il vostro conforto, la vostra felicità, la vostra forza. Tutto questo si può trovare soltanto dentro di voi.
Siete abituati a sentirvi dire da qualcuno quali progressi avete fatto, quale sia la vostra condizione spirituale. Quanto siete infantili! Chi, se non voi stessi, potrebbe dirvi quanto siete belli o brutti interiormente? Chi, se non voi stessi, può dirvi se siete incorruttibili? Voi non siete seri in queste cose.
Ma coloro che realmente desiderano comprendere, che vogliono trovare ciò che è eterno, senza principio né fine, cammineranno insieme con maggior intensità e saranno un pericolo per tutto ciò che non è essenziale, che non è reale, per ciò che è in ombra.
E queste persone si concentreranno, diventeranno la fiamma, perché esse comprendono. Dobbiamo creare un nucleo così, è questo il mio scopo.
Perché da quella reale comprensione deriverà una vera amicizia. Perché quella vera amicizia – che a quanto pare voi non conoscete – comporterà una effettiva collaborazione gli uni con gli altri. E tutto questo non per via di un’autorità, né per la salvezza, né perché vi immolate per una causa, ma perché comprendete veramente e quindi siete in grado di vivere nell’eterno. Ed è qualcosa di più grande di qualsiasi piacere, di qualsiasi sacrificio.
Queste sono alcune delle ragioni per le quali, dopo due anni di attenta riflessione, ho preso questa decisione. Non si tratta di un impulso momentaneo. Non sono stato convinto da nessuno. Non mi faccio persuadere in queste cose; ci ho riflettuto sopra per due anni, con calma, con attenzione e pazienza e ora ho deciso di sciogliere l’Ordine, dato che ne sono il capo. Voi potrete formare altre organizzazioni e aspettare qualcun altro; a me questo non interessa, non voglio creare altre gabbie e nuove decorazioni per quelle gabbie. .
Il mio solo interesse è di rendere l’uomo assolutamente, incondizionatamente, libero.”

     Tratto da: J.Krishnamurtionline

venerdì 10 maggio 2013

Charles Simic


Simic è nato a Belgrado, nell'ex Iugoslavia e l'essere cresciuto in un'Europa lacerata dalla seconda guerra mondiale ha influenzato notevolmente la sua visione del mondo. In un'intervista al Cortland Review egli ebbe a dire: "L'essere uno dei milioni di profughi ebbe un grande effetto su di me. Oltre alla mia sfortunata vicenda, ho avuto modo di sentirne molte altre. Sono ancora stupito di tutta la viltà e stupidità a cui ho assistito durante la mia vita. Simic emigrò verso gli Stati Uniti con la sua famiglia nel 1954 quando aveva sedici anni. Crebbe a Chicago e ricevette il suo Bachelor of Arts dalla New York University. Simic è professore emerito di Letteratura americana e scrittura creativa all'Università del New Hampshire e vive sulla spiaggia del Bow Lake a Strafford nel New Hampshire."

La sua fama iniziò a delinearsi nella prima metà degli anni settanta, quando si fece notare come uno scrittore dallo stile minimalista, che scriveva nitide, immaginifiche poesie che, alla maniera di William Blake, prendono spunto da oggetti concreti, poeticamente utilizzati per estrapolare l'universo. Con gli anni, lo stile di Simic è divenuto sempre più immediatamente riconoscibile. La critica si è spesso riferita alle sue poesie come "strettamente costruite come scatole cinesi". Simic stesso ha detto di sé: "Le parole fanno l'amore sulla pagina come mosche nella calura estiva e il poeta non ne è altro che lo spettatore stupefatto." L'affermazione sottende la filosofia di Simic, secondo cui la vera arte deve trascendere la persona ed essere più grande del suo creatore. Egli scrive, in maniera meditata, su argomenti assai disparati, come il jazz, l'arte in generale, o la filosofia. Esercita una considerevole influenza non solo come poeta, ma anche come traduttore, saggista e filosofo, esprimendosi sullo stato attuale della Poesia americana. In passato si è occupato di poesia come redattore del The Paris Review, ruolo in cui è stato sostituito da Dan Chiasson. Simic è stato nella giuria dell'edizione 2007 del premio Griffin Poetry Prize e continua a contribuire su argomenti di poesia e prosa su The New York Times Book Review. Nel 2007 Simic ha ricevuto la somma di 100.000 US$ del Wallace Stevens Award dall'Academy of American Poets quale riconoscimento della sua nitida e comprovata maestria nell'arte poetica. Simic è stato scelto da James Billington, della Library of Congress, per essere il quindicesimo "Poeta laureato", succedendo a Donald Hall. Nella motivazione Billington faceva riferimento alla "qualità piuttosto sbalorditiva e originale della sua poetica".
                                                     
SASSO

Càlati in un sasso,
io farei così.
Lascia che altri si facciano colomba
o digrignino i denti come tigri.
Mi basta essere un sasso.
All’esterno è un enigma:
nessuno sa come rispondere.
Ma fresco e quiete dev’esserci all’interno.
Anche se una mucca lo calca col suo peso,
anche se un bambino lo getta dentro un fiume;
il sasso affonda, lento, imperturbato,
fino al fondo
dove i pesci bussano alla sua soglia
e vengono a origliare.
Ho visto scintille schizzar via
quando due sassi sono strofinati,
forse là dentro non fa così buio;
forse c’è una luna che brilla
da chissà dove, spuntando magari dietro un colle –
un chiarore appena sufficiente a decifrare
quelle strane scritte, mappe stellari
sui muri interiori.

Scena di strada

Un ragazzino cieco
con un cartello fissato al petto.
Troppo piccolo per stare fuori
da solo a mendicare,
ma tant'è.

Questo secolo strano
con la sua strage degli innocenti,
e il volo sulla luna-
ora mi sta aspettando
in una città strana,
nella via in cui mi sono perso.

Mi sentì avvicinare
e si tolse un giocattolo
di gomma dalla bocca
come per dire qualcosa
ma non fu così.
Era la testa, la testa di una bambola,
tutta masticata,
la tenne alta per farmela vedere.
Il duplice sogghigno era per me.










mercoledì 8 maggio 2013

Eric Fried






E' stato un poeta austriaco naturalizzato britannico.
Austriaco ebreo, fu costretto ad abbandonare il suo paese nel 1938 quando la Germania nazista occupò il suo paese. Emigrato a Londra lavorò - oltre che come scrittore - anche da bibliotecario, operaio chimico, giornalista e commentatore del programma in lingua tedesca della BBC. I suoi primi lavori poetici risalgono agli ultimi anni della seconda guerra mondiale e l'inizio del suo primo romanzo - Ein Soldat und ein Mädchen ("Un soldato e una ragazza") - risale all'anno 1948.
Numerosi sono i volumi di poesie - oltre al romanzo citato - e di racconti scritti da Fried, che compose anche un libretto d'opera, ma anche drammi radiofonici, traduzioni (soprattutto da T.S. Eliot, Dylan Thomas, Sylvia Plath e, non ultimo, da William Shakespeare). Fried ricevette numerosi premi letterari tra cui: Fordergabe des Shiller (1965) Österreichischer Wurdigunggspreis für Literarur (1965); Prix International des éditeurs (1977); Literaturpreis der Stadt Wien (1980); Literaturpreis der Stadt Bremen (1983); Georg-Büchner-Preis (1987, un anno prima della sua morte).



BAMBINI A SINISTRA



Chi dice ai bambini
dovete pensare a destra
è di destra
chi dice ai bambini
dovete pensare a sinistra
è di destra
Chi dice ai bambini
non dovete pensare affatto
è di destra
chi dice ai bambini
quel che pensate è indifferente
è di destra
Chi dice ai bambini
quello che lui pensa
e dice loro anche
che vi potrebbe essere qualcosa di sbagliato
è forse
di sinistra.






martedì 7 maggio 2013

Rabindranath Tagore


Mi hai fatto senza fine
                                                Mi hai fatto senza fine
questa è la tua volontà.
Questo fragile vaso
continuamente tu vuoti
continuamente lo riempi
di vita sempre nuova.


Questo piccolo flauto di canna
hai portato per valli e colline
attraverso esso hai soffiato
melodie eternamente nuove.


Quando mi sfiorano le tue mani immortali
questo piccolo cuore si perde
in una gioia senza confini
e canta melodie ineffabili.
Su queste piccole mani
scendono i tuoi doni infiniti.
Passano le età, e tu continui a versare,
e ancora c'è spazio da riempire.


***
Se tu non parli
                                                    Se tu non parli
riempirò il mio cuore del tuo silenzio
e lo sopporterò.
Resterò qui fermo ad aspettare come la notte
nella sua veglia stellata
con il capo chino a terra
paziente.


Ma arriverà il mattino
le ombre della notte svaniranno
e la tua voce
in rivoli dorati inonderà il cielo.
Allora le tue parole
nel canto
prenderanno ali
da tutti i miei nidi di uccelli
e le tue melodie
spunteranno come fiori
su tutti gli alberi della mia foresta.

lunedì 6 maggio 2013

Radnóti Miklós





Poeta ungherese (Budapest 1909 - Abda 1944). Di famiglia ebraica Studiò filosofia all'Università di Szeged. Saggista e traduttore, eccelle soprattutto come poeta lirico, paesaggista e poeta d'amore. Ebreo, non poté esercitare la professione d'insegnante; fu perseguitato, rinchiuso in vari campi di concentramento e infine fucilato. Nei suoi vestiti, rintracciati in una fossa comune, fu trovato il suo ultimo taccuino di versi.


“Radice”

Nella radice guizza la forza,
beve la pioggia, vive di terra
e il suo sogno è bianco, di neve.
Di sotto terra urge alla superficie,
si arrampica ed è furba,
ha le braccia come funi.
Sulle sue braccia dorme il verme,
ai piedi della radice siede il verme,
il mondo si vermifica.
Ma la radice continua a vivere sotterra,
non si cura del mondo,
solo dei suoi rami frondosi.
Lei li ammira, li nutre,
sapori buoni gli invia,
sapori dolci, celestiali.
Sono anch’io una radice, adesso,
vivo tra vermi, io,
e qui preparo questa poesia.
Ero fiore, sono diventato radice,
buia e pesante la terra su di me,
la mia sorte è compiuta,
una sega piange sulla mia testa.

(Lager Heideman, Zagubica, 8 agosto 1944)

venerdì 3 maggio 2013

Novalis




Novalis (pseudonimo di Georg Friedrich Philipp Freiherr von Hardenberg; Schloss Oberwiederstedt) è stato un poeta, teologo, filosofo e scrittore tedesco, figura di spicco del Romanticismo.
Fu uno dei maggiori animatori del circolo romantico di Jena; egli morì giovanissimo, consunto dalla tisi, a soli 29 anni di età. Il suo pensiero filosofico é contenuto soprattutto in una raccolta di Frammenti , rimasta per molto tempo inedita. A lui dobbiamo una celebre definizione di Romanticismo: "Quando conferiamo al comune un senso più elevato, all'ordinario un aspetto misterioso, al noto la dignità dell'ignoto, al finito un'apparenza infinita allora io lo romanticizzo". Il mondo deve essere "romanticizzato" vedendo nel particolare un valore universale e, viceversa, riconoscendo che l'universale si esprime sempre nel particolare. Ma per "romanticizzare" la realtà comune occorre guardarla con gli occhi della fantasia più che con quelli della ragione, tanto impiegati nel periodo illuministico. Negli Inni alla notte (1800), l'opera senz'altro più completa di Novalis, lo spazio notturno é il regno del sogno e della fantasia, intesi come indispensabili veicoli verso l'infinito.

***
 Inni alla notte
IV

Ora so quando sarà l'ultimo mattino - quando la luce non mette più in fuga la notte e l'amore - quando eterno sarà il sonno e un solo sogno inesauribile. Celeste stanchezza sento in me. - Lungo e faticoso mi fu il pellegrinaggio alla tomba santa, grave la croce. Chi ha assaporato l'onda cristallina che, impercettibile ai sensi comuni, zampilla nel grembo oscuro del tumulo, ai cui piedi s'infrange il flutto terrestre, chi stette sopra le montagne all'estremo limite del mondo, e guardò di là, nella nuova terra, nella dimora della notte - costui davvero non torna al travaglio del mondo, alla terra dove la luce abita in eterna inquietudine. Lassù costruisce le sue capanne, capanne di pace, ardentemente desidera e ama, guarda al di là, finché la più gradita di tutte le ore non lo trascina giù, nella vena della fonte - dove galleggiano i residui terrestri, sospinti indietro dai turbini; ma ciò che sacro divenne al contatto d'amore, corre disciolto per tramiti oscuri alla sfera ultraterrena, dove si fonde, simile a vapore, con gli amori assopiti.

Ancora tu risvegli,
allegra luce,
lo stanco al lavoro - mi infondi
vita gioiosa -
però non mi attiri
lontano dal monumento
muscoso del ricordo.
Lieto voglio agitare
le mani operose,
guardarmi intorno, dovunque
tu avrai bisogno di me -
esaltare la piena
magnificenza del tuo splendore -
assiduamente perseguire
la bella concordanza
della tua opera ingegnosa -
lieto voglio osservare
il saggio cammino
del tuo potente orologio che splende -
scrutare l'equilibrio delle forze
e le norme
del giuoco prodigioso
degli spazi innumerevoli
e dei loro tempi.

Ma fedele il mio cuore
segreto rimane alla notte,
e a suo figlio, l'amore che crea.
Puoi tu mostrarmi un cuore
fedele in eterno?
Ha il tuo sole
occhi amici
che mi ravvisino?
e le tue stelle afferrano
la mia mano supplichevole?
Mi rendono in cambio
la tenera stretta
e la parola affettuosa?
Tu l'hai adornata
di colori e lievi contorni -
o fu lei che diede
significato più alto e più caro
alla tua grazia?
Quale voluttà,
quale godimento offre la tua vita,
che in fascino equivalgano
ai rapimenti della morte?
Non porta i colori della notte
tutto quanto ci esalta?
Lei ti porta
maternamente,
e tu le devi tutta la tua gloria.
Svaniresti in te stessa -
nell'infinito spazio
ti sperderesti,
se lei non ti tenesse,
né ti serrasse,
così che calda, accesa,
con la tua fiamma generassi il mondo.
Veramente ero prima che tu fossi -
la madre mi inviava ad abitare
coi miei fratelli il tuo mondo,
a consacrarlo con l'amore,
perché fosse un monumento
da contemplarsi in eterno -
e a trapiantarvi fiori
che non appassiranno.
Non sono ancora maturati
questi pensieri divini -
E sono ancora scarse le tracce
della nostra rivelazione -
Un giorno il tuo quadrante segnerà
la fine del tempo,
quando una nostra eguale,
o luce, tu sarai;
piena di nostalgia, di fervore
ti spegnerai e morirai.
Sento in me
la fine dell'opera tua laboriosa -
libertà celeste,
ritorno beato.
In selvaggi dolori
riconosco la tua lontananza
dalla nostra patria,
la tua riluttanza all'antico
splendido cielo.
La tua furia e il tuo sdegno sono vani.
Indistruttibile
sta la croce -
vittoriosa insegna
della nostra stirpe.



Mi libro al di là
ed ogni mia pena
sarà uno stimolo
di ebbrezza eterna.
Tra poco libero
sarò da catene,
giacerò inebriato
nel grembo d'amore.
In me vita ondeggia
potente, infinita:
io guardo dall'alto
laggiù, verso te.
Si spegne il tuo vivo
fulgore sul colle -
ed un'ombra porta
la fresca corona.
Aspirami in te,
o amato, con forza,
perché mi addormenti
e impari ad amare.
Sento in me della morte
l'onda che fa giovani,
in balsamo ed etere
si muta il mio sangue -
Io vivo di giorno
con fede e coraggio
e muoio le notti
in ardore sacro.



giovedì 2 maggio 2013

Yannis Ritsos




Poeta greco (Monemvasìa 1909 - Atene 1990). La sua vita, segnata da lutti e da miserie, fu animata da un'incrollabile fede negli ideali marxisti, oltre che nelle virtù catartiche della poesia. La sofferta visione decadente caratterizza costantemente la sua poetica, articolandosi di volta in volta su temi quali la memoria, il fascino delle opere e delle cose, la rivoluzione etica e sociale.
Entrato nelle file della sinistra dopo un'infanzia e una prima giovinezza segnate da gravi lutti familiari e dalla malattia, partecipò alla lotta di resistenza contro i nazisti e poi alla guerra civile, e subì le persecuzioni dei governi dittatoriali o reazionari succedutisi in Grecia tra il 1936 e il 1970.



Il tuo corpo


Il tuo corpo


mi disloca,


mi contiene.


Coricato mi ergo


dentro di te.



Mio blu


Mio blu – dicevi -


mio blu.


Lo sono.


E anche più del cielo.


Ovunque tu sia


io ti circondo.



Poi fece notte


Poi fece notte


due sedie di legno


sulla luna


sulle sedie


loro due


scalzi


l’uno di fronte all’altro


toccandosi appena


gli alluci.



Ahi, l’amore


Il tuo corpo tagliato


da una lama di luce –


per metà carne,


per metà ricordo.


Illuminazione obliqua,


il grande letto


intero,


il tepore lontano,


e la coperta rossa.


Chiudo la porta,


chiudo le finestre.


Vento con vento.


Unione inespugnabile.


Con la bocca piena


di un boccone di notte.


Ahi, l’amore.




L'altra solitudine

Esistono molte solitudini intersecate - dice - sopra e sotto


ed altre in mezzo;


diverse o simili, ineluttabili, imposte


o come scelte, come libere - intersecate sempre.


Ma nel profondo, in centro, esiste l'unica solitudine - dice;


una città sorda, quasi sferica, senza alcuna


insegna luminosa colorata, senza negozi, motociclette,


con una luce bianca, vuota, caliginosa, interrotta


da bagliori di segnali sconosciuti.


In questa città


da anni dimorano i poeti.


Camminano senza far rumore, con le mani conserte,


ricordano vagamente fatti dimenticati, parole, paesaggi,


questi consolatori del mondo, i sempre sconsolati, braccati


dai cani, dagli uomini, dalle tarme, dai topi, dalle stelle,


inseguiti dalle loro stesse parole, dette o non dette.